La coscienza dell’occhio venne chiamata due cuori, Paola Tassetti, presso Fiuto Art Space

La coscienza dell’occhio
venne chiamata due cuori

PAOLA TASSETTI

a cura di Alex Urso

27.04 – 30.06.2024

Addentrarsi nella pratica artistica di Paola Tassetti richiede di accettare quella certa dose di impenetrabilità che la sua ricerca impone. Immaginare di comprendere in maniera capillare ed esaustiva ogni tassello del suo personalissimo universo è un progetto fallimentare in partenza. E va bene così: non c’è spazio, all’interno del suo studio, per coloro che a tutto vogliono attribuire un nome e una definizione; non esistono narrazioni lineari; l’ambizione del pensiero contemporaneo che si vuole sempre più tecnico, programmatico e specialista, fallisce appena varcata la soglia del suo Utero.
Utero: è questo il nome che l’artista ha attribuito al suo laboratorio di Civitanova Marche: una sorta di “wunderkammer” nella quale gli opposti convivono, e i confini tra le diverse discipline si fanno esili consentendo alle scienze di compenetrarsi. Biologia, botanica, tassonomia, anatomia, archeologia, antropologia, sociologia, psicologia e architettura: tutto ha un suo peso nella visione olistica di Tassetti, che ha scelto l’arte come veicolo di esplorazione e ricostruzione dell’antico nesso tra microcosmo e macrocosmo, tra uomo e natura. Le opere incluse nel progetto espositivo sono il risultato di questa versatilità.

Presentati in maniera site-specific, e in parte mai prima d’ora esposti, i lavori comprendono collage, pagine di diario e bozzetti, dipinti su carta, disegni e serigrafie, elementi tassonomici e sculture dal sapore classicheggiante. A collegare ognuno di questi oggetti (opere, segni, parole e amuleti) è la volontà, da parte dell’artista, di indagare la propria dimensione più profonda, la propria componente più intimistica in relazione al mondo esterno e a ciò che ci circonda: “Mi interessa cercare ciò che non si può comprendere, vedere nel non vedere”. Il corpo, in questo dialogo irrisolto e mai spento tra il dentro e il fuori, tra l’interiorità e la realtà, diventa strumento di trasporto, veicolo di sperimentazione e terreno di scambio.
Da esso spuntano rami e strutture arboree che prolungano gli arti, trasformano gli organi, e in ultimo stravolgono la figura. Mutilato e sezionato, il corpo diventa nelle opere dell’artista un’impalcatura composta da strutture vegetali che salgono verso l’altro, in cerca di luce: steli, foglie e fiori liberano l’uomo dalla sua dimensione terrena, spingendolo a recuperare un’armonia cosmica al di là della materia.

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